LORD  BYRON  and  his  TIMES
Byron
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Conversations on Religion, with Lord Byron
Pietro Gamba to James Kennedy, 18 March 1824
INTRODUCTION & INDEXES
DOCUMENT INFORMATION
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Preface
Prelude
First Conversation
Kennedy on Scripture
Second Conversation
Third Conversation
Fourth Conversation
Fifth Conversation
Memoir of Byron
Byron’s Character
Appendix
Notes
Memorandum
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Zantè, 21 Maggio, 1824.
Pregmo. Signor Dottore,

Io non potrei clie approvare la vostra intenzione intorno all’ opuscolo che vi siete proposto di publicare—perchè son persuaso che l’ unico vostro oggetto sia di mettere in chiara luce il carattere dell’ illustre vostro compatriotta—dell’ in-eterno-da-me-lamentabile-amico, Lord Byron. È conosciuto che molte, e gravi, calunnie sono sparse contro al suo raro carattere dagl’ inconsiderati, e dai maligni, per cui io stimo debito di quelli che conobbero l’animo suo, e che goderono la sua amicizia, a vendicare la sua memoria, producendo il vero. Non si richiede panegirico, ne arte di eloquenza,—la verità—sola la verità,—si vuole a dissipare tutta la nebbia radunata dalle insidiose, ignoranti, invidiose, e basse passioni. Il suo carattere splenderà chiaro, e sublime, come il suo genio, purchè sia purgato da qnella nebbia.

Con maggiore calma di spirito, e miglior agio, io mi studierò di sodisfare a questo debito verso l’ illustre mio amico; intanto io non posso che rallegrarmi in vedere persone del vostro merito, e mosse da puri motivi, intese a quel scopo.

Mi chiedete un racconto minuto, e pieno, di tutte le azioni, e opinioni sue, che riguardano la religione,—non che di tutti i suoi atti di carita, e di beneficenza, a me note. Sarebbe un lungo, e grave, impegno, se preten-
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dessi di sodisfarvi intieramente, in particolare per quanto spetta alia seconda parte. Ma come la strettezza di una lettera comporta, o la memoria mi ajuta, m’ ingegnerò di sodisfarvi.

A mio avviso le opinioni di Mylord in fatto di religione non erano fisse; cioè, non teneva piutosto a una setta religiosa e Cristiana, che a un’ altra: ma i suoi profondi sentimenti erano religiosi, e professava un’ alto rispetto per le dottrine di Gesù Cristo, come sorgente di virtù, e di felicità. Per rispetto ai reconditi misteri della fede, la sua mente era involta in dubbj,—i quali però aveva desiderio di dissipare, quasi molesti, e per ciò non scampava mai le conversazioni su questo proposito, come voi ben sapete.

Io ho avuto occasione di osservarlo soventi volte in quelle situazioni in cui i sentimenti dell’ uomo si svelano più involuntarj, e più sinceri—per esempio—in un grave pericolo di mar, burrasca, od altri, o nella contemplazione di una bella tranquilla notte d’ estate, in mezzo a una solitudine, ed ho osservato le sue emozioni, e i suoi pensieri profondamente tinti di religioso.

La prima volta che io ebbi conversazione con mi su questo soggetto fu a Ravenna, mia patria, saran quattro anni—mentre cavalcavamo insieme, in un superbo solitario bosco di pini. La scena invitava alle meditazioni religiose. Era un chiarogiornodi primavera. “Come,” mi disse, “alzando gli occhj al cielo, o abassandoli alia terra, si puo dubitare dell’ esistenza di Dio? e come rivolgendoli al nostro intero possiam dubitare che non vi
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sia qualche cosa dentro di noi più nobile, e più durevole che la creta di cui siamo formati? Quelli che non odono, o non vogliono ascoltare questi sentimenti, bisogna bene che siano di una vile natura.”

Io volli rispondere con tutte quelle ragioni che la superficiale filosofia d’ Elvezio, e de’ suoi, e discèpoli, e maestri, insegna. Egli mi rispose con stretti ragionamenti e profonda eloquenza, e m’ accorsi che l’ ostinata contradizione su quel soggetto, costringendolo a ragionarvi sopra, gli dava pena. Quel discorso fece sopra di me una forte impressione.

Molte volte, e in varie circostanze, io l’ ho udito con* fermare li stessi sentiment!,—e me n’ è sembrato sempre profondamente convinto. Per l’ appunto lᰱ anno scorso in Genoa, quando ci preparavamo a venire in Grecia, era in costume di conversare due o tre ore ogni sera con me solo, assiso sopra la terazza del suo palazzo in Albano, nelle belle sere di primavera; d’ onde si scopre una magnifica vista della superba città, e del mare contiguo: la nostra conversazione cadeva quasi sempre sulla Grecia, alia cui spedizione allora ci preparavamo, o sui soggetti religiosi. In varii modi lo sentii sempre confermare li sentimenti che io vi spiegai di sopra. “Perchè dunque,” io gli diceva, “vi guadagnate il nome di empio, e nemico di ogni credenza religiosa coi vostri scritti?” Mi rispose, “O non sono intesi, o son malinterpretati dai maligni: mio oggetto non è che di combattere l’ ipocrisia, che io aborro in ogni cosa, e principalmente in fatto di religione; e che ora per disaventura parmi prevalere.
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Io cerco di svelare i vizi, o gl’ interessi vili, che tanti si coprono sotto ipocrito manto, e per ciò quelli a cui duole vogliono rendermi odioso, e farmi credere un’ empio, un mostro d’ incrednlità, etc.”

Per la Bibbia egli ebbe sempre un particolare rispetto: Fù in uso di tenerla sempre sulla sua tavola di studio, particolarmenle in questi ultimi mesi; e voi ben sapete quanto a lui fosse famigliare, poichè qualchevolta ha saputo correggere qualche vostra citazione inesatta.

Fletcher può avervi informato intorno alle ottime disposizioni di suoi ultimi momenti; ripetè spesso dei soggeiti del testamento; e quando agli estremi ebbi tentato invano di manifestare alcune sue volontà per sua figlia, e per gli oggetti a lui più cari nella vita, e che per la gravezza di mente non gli era riuscito di farsi comprendere; Fletcher gli rispose, “Nulla mi è più a cuoreche di eseguire le vostre volonta, ma per disgrazia non ho potuto comprendere che appena lameta.” “È possibile?” rispose. “Oimè! è troppo tardi, qual sventura! .. Non la mia volontà, ma quella di Dio sia fatta.” Non gli rimasero che pochi intervalli di ragione, e interotti da delirio, effetto del sangiie alia testa.

Molte volte espresse a me il disprezzo che egli aveva per i cosl detti àesprits forts’outrance, setta di ignoranti egoisti, incapaee di ogni nzione generosa, e ipocriti essi stessi nel loro affettato disprezzo di ogni fede.

Professò un’ intiera toleranza e un rispetto particolare per ogni sinccra convinzione: avria stimato un’ imperdonabile delitto il tentative di disparere qualunque,
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persuaso della verità della sua credenza, comecchè potesse esser tacciata di assurdità, perchè stimava che noa potesse condur ad altro che a renderlo infedele.

Quanti fossero le sue opinioni a Cefalonia voi ne sapete quanto me, e più. S’ interessò nelle vostre conversazioni come uomo che sempre amava d’ investigare il vero: e quantunque aggradisse in molte delle vostre opinioni, bisogna che vi confessi che non mi pare abbia potuto aggradire in tutte.

Mi disse un giorno a Metaxata, che dopo una lunga conversazione con voi, vi chiese allor, “Che cosa volete di più da me, per tenermi un buon Cristiano?” “Inginocchiatevi e pregare a Dio.” “Questo è troppo, caro dottore.” . . .

Quando in Missolunghi egli prese cura perchè le bibbie, e gli altri sacri libri mandati dalle vostre pie Società, fossero sparsi; e voile che fosse fatto publico nelle gazette il vantaggio che ne saria derivato ai Greci dallo spargimento, e dallo studio di quei libri.

Son certo però che prendrete cura di non farlo comparire un devoto; perchè ciò sarebbe contro la verità, ugualmente, che il farlo apparire un nemico di ogni religione.

Se veniamo agli atti di carita e di beneficenza, che poi sono la vera sostanza, non mi basterebbe un volume per narrarvi minutamente quelli soli dei quali io son stato testimonio.

Io so in alcune città di Italia di decente famiglie cadute in bassa fortuna, senza aver nessun relazione con
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lui; che egli gli ha inviato dei soccorsi secreti, e considerabile, fino a più che 200 talleri, senza anche che loro fosse conosciuto il nome del benefattore.

Tre anni indietro, a Firerize, un’ onorata madre di famiglia Inglese cadde in una rovinosa persecuzione per aver seriamente difeso l’ onore di una sua protetta contro le seduzioni di alcuni .... ed era ridotta agli estremi. Ebbe ricorso a Mylord, che si trovava in Pisa, e tanto quella donna infelice quanto i suoi vili persecutori erano sconosciuti a lui. Egli la sovvenne di tali soccorsi, che potè deludere tutte le insidie de’ suoi infami nemici. Era anche in Pisa quando una terribile procella sommerse una quantità di bastimenti nel porto di Genoa, e ridusse alia mendicita un gran numero di famiglie. Egli spedl secretamente più che 300 talleri per soccorso di quegli infelici.

Un giorno cavalcando presso alle mura di Genoa, lungo il mare, ci venne incontro un capitano di nave Corso, la cui nave era naufragata, e si trovava senza pane. Egli l’ invitò alla sua abitazione, e lo sovvenne in modo da potere tornare alla sua patria e procacciarsi nuovo impegno.

Un’ altro dì cavalcavamo fuori di Geneva due miglia, quando incontrammo due miseri nel più desolato stato. Il loro portamento era nobile, e fiero, e la loro fisonomia li indicava nativi di Germania: due giorni appresso comparvero per caso chiedendo limosina a Mylord, alla sua abitazione. Erano fuggiaschi dalla Grecia,—due Alemanni—che perseguitati, senza tetto, senza pane, senza
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scarpe, volevano tornare alia loro patria, in Virtembergh; e così avevano mendicato la loro vita da Ancona, fino a Geneva; e si trovavano quasi in sul disperato. Mylord li fornì di ogni mezzo per potersi recare fino alia patria loro. Infine potrei numerarvi molte ceritinajo di eimili azioni.

Non vi parlo di quelle dopo il suo arrive in Grecia. A Cefalonia quante famiglie di Moreotti, e di Suliotti non furono mantenute da lui?

A Missolunghi egli ha forniti i mezzi per fondare un’ ospedale a benefizio dei poveri. Senza parlarvi delle larghe somme che ha somministrato al governo, e alia città di Missolunghi, per l’ armata (cioè l’ esercito), per la marina, etc, ed io posso accertarvi sicuramente che senza il suo soccorso quell’ interessantissima parte della Grecia occidentale era perduta, non dai Turchi, ma dai Greci stessi*.

E ciò che aveva in animo di fare, se non era involato si immaturamente alla Grecia, al mondo, ai suoi amici. . . . .

E la sua spedizione in Grecia, che, dopo tanti altri sacrifizj, gli è costata la vita, non era la più generosa, e benefica, e un’ azione di Cristiano, che si possa intraprendere? Era egli uomo da mendicare fortuna, potere, e gloria?

E qual influenza la sua venuta abbia avuto per la salute della Grecia, malgrado la sua immatura perdita io potrò mostrarvelo qualche volte!

* Missolunghi had not fallen at the writing of the above.

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Uno di suoi primi oggetti era d’ indurre l’ una e l’altra parte a sentimenti più umani. Vedete quando gli si è offerta occasione ha riscattato donne e fanciulli e spediti in libertà alia patria loro. Alcuni Turchi salvò, non senza gran disturbo e pericolo personale, dalle mani sanguinarie di corsari Greci.

Quando un Brik Turco ruppe alla costa di Missolunghi, e che si tentava di fare l’ equipaggio prigioniero, egli promise un tallero per ogni uomo che fosse salvato,—e in proporzione per gli official!. Ma poterono salvarsi in tempo sulle lancie degli altri bastimenti Ottomani.

Si può dubitare che non fosse un rigido Cristiano in quanto alle opinion! di fede, e alle pratiche richieste per esserne seguenza. Converria chiedere a quelli che sì poco umilmente si vantano di loro severe osservanze delle leggi Cristiane, come coll’ opere,—anche in proporzione dei loro mezzi,—seppero mai accostarsi a meritare quel nome in fatti, come Lord Byron, che accusano di empio?

Intorno a quella piccola Turca, voi conoscete bene le ragioni che l’ avevano consigliato, e le sue disposizioni; oltre a ciò si era trovato fra i suoi scritti una dettagliata nota delle sue intenzioni a questo riguardo. Perciò io stimai mio debito di condurla in terra neutra, e libera, per meglio conoscere la sua volontà. Era disposta di venire presso di voi a Cefalonia, come vi feci sapere, finchè almeno si potesse ottenere una risposta dagli esecutori di mylord: ma giunsero quì tante istanze di Jussuf Pachà, e dal suo padre stesso, che ve è un segre-
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tario, che infine fermamente si [è decisa] di tornare, insieme con sua madre, al sno genitore. Io ho tentato di dissuaderla con ogni argomento, ma in vano. Ella rispose sempre—“Ho perduto il mio padre adottivo Lord Byron: ora non voglio fuggire dal mio vero padre.” Venne qui un Brik Turco apposta, col suo padre a bordo—e v’ era richiesta formale di Jussuf Pachà, al governatore Sig.
Colonel Stoven, così consentendo essa pienamente fossimo obligato di darle, e son partite saran già sei dì.

Eccovi un’ estratto di una lattera di Mylord a sua sorella trovato fra le sue carte:—“ I have been obtaining the release of about twenty-nine captives. . . .” nella lettera tradotta.

Così egli dispose, e tali erano le loro intenzione finchè cangiarono per le ragioni che vi scrissi.

In quanto al servirvi del mio nome, io lo confido alia vostra discrezione. Ho parlato col Revndo. Signer Wilson, a cui ho comunicato li stessi sentiment! che ora vi scrivo.

Vogliate credermi
Vostro divotmo. Servo,
(Sottoscritto)  Pietro Gamba.
All’ Eccellmo.
  Il Dottore Kennedy,
Argostoli, Cefalonia.